OCST:
UN TAGLIO INUTILE DELLE INDENNITÀ DI DISOCCUPAZIONE
"Non è umiliando ripetutamente i disoccupati che
si creano posti di lavoro". Intervista a Sergio Montorfani. In occasione
della prossima votazione sul decreto federale "Finanziamento dell'assicurazione
contro la disoccupazione" Caritas Insieme ha intervistato Sergio Montorfani,
coordinatore del programma occupazionale dell'OCST. L'intervista è andata
in onda su Caritas Insieme TV il 20 settembre scorso.
D: Puoi
riassumerci brevemente i contenuti del decreto contro il quale è stato
indetto il referendum in votazione il 28 settembre prossimo?
R: Essenzialmente il decreto prevede due tipi di modifiche: la rinuncia
da parte della Confederazione ad un finanziamento paria circa 300 milioni all'anno
in favore dell'Assicurazione Disoccupazione, e il taglio dell'1% o del 3% sulle
indennità di disoccupazione. I motivi che vengono addotti a sostegno
di queste modifiche sono essenzialmente quelle del risparmio. Effettivamente
negli ultimi anni c'è stato un notevole aumento della spesa per la disoccupazione
e probabilmente raggiungeremo quest'anno gli 8 miliardi di deficit. Il decreto
prevede appunto dei tagli alle indennità di disoccupazione in funzione
di questo risparmio. Fino ad oggi, per ridurre questa spesa ci si è limitati
a ridurre le indennità dei disoccupati: quindi un risparmio relativamente
semplice da effettuare, in quanto colpisce una cerchia di persone senza strumenti
di difesa. Chiaramente i promotori del referendum, su questo modo di risparmiare,
non sono d'accordo, poiché ritengono per vari motivi che sia doppiamente
ingiusto colpire unicamente la categoria delle persone disoccupate che, in quanto
tali, sono già duramente colpite dalla crisi economica.
D: Ridurre le indennità di disoccupazione non può essere utile
per evitare gli abusi?
R: Sappiamo che la crisi economica nel nostro paese ha portato nel giro
di 7 anni da 20'000 a 200'000 disoccupati in media l'anno. Quindi il problema
della disoccupazione non è un problema di gente che non ha voglia di
lavorare (come spesso si dice, soprattutto nelle osterie) o di casi sociali.
E' un problema enorme che bene o male riguarda tutti, e che colpisce tutti i
settori professionali indistintamente. La disoccupazione potrebbe anche colpire
in futuro persone che al momento si sentono sicure. Ricordiamo che negli ultimi
6 anni, in Svizzera, sono andati persi 306 mila posti di lavoro a tempo pieno.
Per cui non si può risolvere il problema della disoccupazione semplicemente
riducendo ripetutamente le indennità dì disoccupazione, le soluzioni
da trovare sono altre e vanno nella direzione di favorire la creazione di nuovi
posti di lavoro. Inoltre, con questi tagli alle indennità, si prevedono
70 milioni di risparmio l'anno. Una cifra esigua, se confrontata al deficit
globale stimato per quest'anno attorno agli 8 miliardi di franchi. Questo tipo
di risparmio quindi non cambia quasi nulla in termini di deficit globale, ma
cambia sicuramente molto dal punto di vista del singolo disoccupato che, già
in condizioni di precarietà, si vede ulteriormente ridotto il proprio
potere d'acquisto. È però un taglio troppo esiguo per incentivare
(se questo era l'obiettivo) una maggior flessibilità dei disoccupati,
in quanto una riduzione dell'13% non farà certamente cambiare l'atteggiamento
di quegli eventuali disoccupati che speculano sulla disoccupazione. Ricordiamo
che tra questi 200'000 disoccupati vi è una forte maggioranza di persone
che ha lavorato per decenni, contribuendo al benessere del paese e che si vedono
in questo momento quasi additati come colpevoli di una situazione di cui in
realtà sono le vittime. Sarebbe quindi doppiamente ingiusto continuare
a peggiorare la loro situazione. Le soluzioni devono essere cercate altrove,
ma sicuramente queste non sono le contromisure giuste, poiché non portano
nulla di nuovo per risolvere globalmente il problema della disoccupazione. Tanto
è vero (e la storia degli ultimi anni lo dimostra) che si è ripetutamente
rosicchiato le indennità dei disoccupati, senza che questo abbia portato
ad una diminuzione del numero dei senza lavoro. Anzi questo numero è
aumentato esponenzialmente: quindi è sbagliato pensare che peggiorando
la situazione dei disoccupati si migliori la situazione sul mercato del lavoro;
semmai si peggiora la situazione dei disoccupati che finiranno in assistenza
e graveranno ancora di più sulle casse cantonali.
D: Ma quindi cosa offre questo decreto criticato dai promotori del referendum?
R: Come già detto, questo decreto non offre niente di nuovo in funzione
di un miglioramento sul fronte della disoccupazione. Per cui i sostenitori del
referendum ritengono che questa sia la strada sbagliata da seguire, in quanto
ha come unico risultato l'umiliazione di tutti i disoccupati e null'altro. Bisogna
però sottolineare che questa continua erosione delle indennità
di disoccupazione alla fine porterà inevitabilmente ad un peggioramento
della situazione economica anche dei salariati. Mi spiego. Se peggiora la situazione
economica di una classe numericamente così importante come quella dei
disoccupati, la loro concorrenzialità sul mercato del lavoro aumenta
inevitabilmente, in quanto sempre più gente sarà disposta a lavorare
a condizioni salariali peggiori di quelle cui siamo abituati. Per cui indirettamente
i risparmi sulle indennità ai disoccupati si riflettono e si rifletteranno
sempre di più anche sulle condizioni di lavoro di chi un impiego al momento
ce l'ha. Il loro posto sarà sempre più minacciato, ed i datori
di lavoro che intuiscono la paura dei loro dipendenti la useranno a loro favore
moltiplicando gli straordinari, deteriorando le condizioni d'assunzione, diffondendo
statuti precari e orari irregolari, pretendendo maggiore flessibilità
e rosicchiando i salari.
D: Ma se con questo decreto in verità la Confederazione non potrà
fare grandi risparmi, qual è la finalità di una simile proposta?
R: Ciò che noi temiamo, è che questa operazione non sia solamente
una questione di risparmio, ma sia soprattutto un ulteriore tentativo di minare
alla base il patto sociale che ha favorito la crescita economica e sociale degli
ultimi quarant'anni. Tanto è vero che già si prospettano ulteriori
tagli (si parla addirittura di ridurre del 50% le indennità) e quindi
il risultato della votazione cui andiamo incontro, anche se apparentemente riguarda
un problema marginale e di poca entità, è in realtà molto
importante come segnale verso le nostre autorità: far capire che la popolazione
non è disposta ad accettare questo modo di procedere, non è disposta
continuamente ad additare i disoccupati come unici responsabili di questa situazione.
È importante, anche se non si riuscirà a cambiare il decreto,
raggiungere un livello tale di adesioni al referendum per cui le autorità
capiscano che la direzione intrapresa non è quella giusta, e ci pensino
bene quindi prima di proporre nuovi tagli. Non è umiliando ripetutamente
i disoccupati che si creano posti dì lavoro.